I Giusti nel nostro giardino
Questi video raccontano azioni e scelte di persone esemplari.
I Giusti nel nostro giardino
Questi video raccontano azioni e scelte di persone esemplari.
I Giusti nella testimonianza
- 2015 -
Irena Sendler
Infermiera e assistente sociale polacca, liberò circa 2500 bambini ebrei dal ghetto di Varsavia. Organizzava la loro fuga perché sopravvivessero a condizioni di vita disumane. Una volta liberi, i bambini venivano accolti da famiglie, orfanotrofi o conventi. La Sendler procurava nomi e documenti falsi, sognando un ricongiungimento con le rispettive famiglie d’origine. Per questo teneva delle liste nelle quali annotava i veri nomi dei bambini e le nascondeva in barattoli seppelliti sotto un albero. Arrestata dalla Gestapo, fu torturata brutalmente, ma non tradì i suoi compagni e non svelò mai il nascondiglio di quelle liste. Condannata a morte, venne fatta fuggire e visse in clandestinità.
La sua è una grande testimonianza di coraggio, accoglienza e rispetto per tutti.
Armin Wegner
Scrittore tedesco, fotografo, viaggiatore e convinto pacifista. Vive l'insensatezza delle tragedie provocate dagli uomini e cerca di portare il proprio contributo scrivendo ai potenti per convincerli ad intervenire. E' testimone del genocidio Armeno e assiste impotente alle marce della morte. Armin Wegner indirizza ad Adolf Hitler una lettera aperta, chiedendogli di ripensare alla sua politica antisemita e lo invita a cambiare rotta, prevedendo già le conseguenze tragiche delle leggi antirazziali.
È ricordato come “il solo scrittore nella Germania nazista che ha alzato la sua voce in pubblico contro la persecuzione degli ebrei”.
I Giusti nella Shoah
- 2016 -
Don Arrigo Beccari, Dott. Giuseppe Moreali e gli abitanti di Nonantola
E' il racconto di 73 giovanissimi ebrei salvati dagli abitanti di Nonantola, in provincia di Modena.
I nomi del Parroco e del medico del paese, Don Arrigo Beccari e Dott. Giuseppe Moreali, sono incisi su due alberi nel viale degli uomini Giusti a Gerusalemme.
Essi rappresentano simbolicamente un’intera comunità che, nonostante il pericolo di pesanti rappresaglie, li ha accolti e protetti come in una grande famiglia.
I Giusti contro le mafie
- 2017 -
I Giusti della solidarietà
- 2018 -
Sergio Lana, Fabio Moreni, Guido Puletti.
Tre giovani volontari, assassinati in Bosnia il 29 maggio 1993 durante un'iniziativa umanitaria in soccorso delle popolazioni stremate dalla guerra. Il loro esempio e la loro generosità non devono spegnersi dentro i nostri cuori, ma spingerci ad imitarli per soccorrere chi soffre.
I Giusti per l'ambiente
- 2019 -
Roberto Mancini
E’ stato il primo poliziotto ad indagare sulle tonnellate di rifiuti tossici e sui disastri ambientali causati dalle mafie in Campania.
Agli inizi degli anni ’90 ha iniziato ad indagare sul traffico illecito di rifiuti, compiendo lunghi sopralluoghi nella "terra dei fuochi" e respirando aria piena di veleni.
A causa dell'esposizione alle sostanze tossiche si è ammalato di tumore ed è morto il 30 aprile 2014 quando aveva 53 anni.
Le sue indagini hanno contribuito in modo decisivo ad individuare i responsabili.
Roberto ci ha insegnato a prendere consapevolezza dei nostri doveri nei confronti dell’ambiente e ad alzare la testa di fronte ai soprusi.
Berta Càceres
Attivista e ambientalista Honduregna si è battuta per difendere il fiume Gualcarque dalla devastazione ambientale e proteggere i Lenca, popolazione indigena discendente dai Maya.
Quel popolo vive rispettando la propria terra e considerava la costruzione di una diga un'aggressione contro il fiume, il loro luogo sacro, e un pericolo per la sopravvivenza della comunità perché avrebbe limitato la disponibilità di acqua e di cibo.
A causa delle sue battaglie, il 3 marzo 2016 viene uccisa nella sua casa a La Esperanza. Gli autori materiali sono risultati uomini impegnati nella costruzione della diga, ma i mandanti sono rimasti impuniti.
Il suo è un esempio di dedizione appassionata alla difesa dell'ambiente e dei diritti dei più deboli.
I Giusti dello Sport
- 2021 -
Due atleti Cecoslovacchi che hanno sostenuto apertamente le riforme liberali della “Primavera di Praga” del 1968. Hanno messo a disposizione del Paese la loro notorietà, il loro prestigio internazionale, per testimoniare e combattere le atrocità dell'invasione russa.
Entrambi firmano il "Manifesto delle Duemila parole", una dichiarazione di dissenso nei confronti del regime che aveva smesso di occuparsi della cosa pubblica trascinando il paese in un’apatia morale e spirituale senza precedenti.
A causa di questa posizione la loro carriera sportiva di altissimo livello viene ostacolata e divengono oggetto di una vera e propria persecuzione civile e politica.
Vera ed Emil: campioni dello sport che si sono messi coraggiosamente in gioco, a fianco della propria gente, per difendere i beni supremi della pace e della libertà.
Yusra è una ragazza siriana che ha un sogno: nuotare alle Olimpiadi.
A causa della guerra capisce che nel suo Paese non c’è futuro e decide di fuggire. Sarà costretta a pagare i trafficanti per raggiungere via mare la Grecia dalla Turchia.
Durante la traversata il motore del gommone si ferma ed è in balia del mare in tempesta. Yusra e Sara, la sorella, si tuffano in acqua per cercare di mantenerlo a galla. Rimangono alcune ore in mare e, per fortuna, il motore riparte. Riescono tutti a raggiungere la costa.
In Germania, Yusra, viene selezionata per partecipare alle Olimpiadi di Rio del 2016 nella squadra dei rifugiati.
Decide così di diventare l’emblema di tutti i migranti, di essere la voce di tutti i rifugiati.
Combatte perché tutte le persone in fuga dalla guerra e dalla violenza siano trattate con umanità, dignità e rispetto.
Gino è un grande campione del ciclismo e trionfa in ogni genere di competizione.
Allo scoppio della guerra tutte le gare vengono annullate. I fascisti cominciano a perseguitare gli ebrei e chi li aiuta.
Nonostante il pericolo, Gino nasconde in casa una famiglia intera di ebrei, salvando la vita a 4 persone.
Collabora anche con una rete clandestina che prepara passaporti falsi per aiutare gli ebrei a fuggire. Gino, rischiando la morte, porta a destinazione i documenti infilandoli nel tubo sotto il sellino.
Un campione dello sport che ha mostrato come non si possa restare indifferenti: bisogna mettersi in gioco e fare la cosa giusta.
Anche se, come amava dire, “il bene si fa, ma non si dice. E certe medaglie si appendono all’anima, non alla giacca”
I Giusti al di là dei muri
- 2022 -
I Giusti dell'informazione
- 2023 -
Nel corso della sua attività di giornalista matura la convinzione che la stampa sia uno strumento indispensabile per la democrazia. Ritiene che la professione del giornalista necessiti di un atteggiamento libero, responsabile e di alto profilo morale.
Negli anni del fascismo si espone apertamente contro il regime, verrà arrestato e posto sotto sorveglianza.
Diviene direttore del "Corriere della Sera", ma la sua rigorosa coerenza, il rifiuto del conformismo e dell'asservimento al potere, che caratterizzavano il giornale in quel periodo storico, lo porteranno ad abbondonare per sempre la carriera.
Due reporter italiani che hanno sacrificato la vita per ricercare la verità sui traffici illegali di armi e rifiuti in Somalia.
Durante la loro permanenza in Africa raccontano anche la tragedia delle popolazioni somale, soprattutto delle donne, costrette a subire la ferocia della guerra.
Un commando armato li colpirà a morte tendendo loro un’imboscata proprio mentre la loro inchiesta giornalistica stava portando alla luce nuove ed importanti evidenze.
Sospetti e ombre lasciano ancora aperti molti interrogativi su questo duplice omicidio.
Alpino e partigiano, medaglia d’oro al valor militare alla memoria.
Nel 1941 si arruola volontario e diviene ufficiale della Divisione Tridentina. Durante la drammatica ritirata dalla Russia rallenta la sua marcia per soccorrere i feriti e gli assiderati.
Fonda “Il Ribelle”, un foglio clandestino sul quale diffonde gli ideali ispirati all’umanesimo cristiano e ai principi della rivolta morale contro il fascismo.
Muore il 17 gennaio 1945 a causa delle percosse ricevute da un Kapò. Il suo corpo è bruciato nel forno crematorio di Hersbruck.
Viene riconosciuto martire da Papa Francesco il 16 giugno 2017 e beatificato il 3 febbraio 2018.
I Giusti in difesa delle persone con disabilità
- 2024 -
Costretta sulla sedia a rotelle dall'età di 13 anni, dedicherà la sua vita ai diritti delle persone disabili, ispirandosi ai principi di uguaglianza e giustizia.
Contribuirà in modo determinante alla nascita delle prime case-famiglia proponendosi di rompere l’isolamento delle persone con disabilità e garantire loro il diritto al lavoro e alla salute.
Si batterà per l’apertura di un’unità spinale presso il CTO di Careggi (Firenze) e promuoverà numerose iniziative per migliorare le condizioni di vita dei malati: barriere architettoniche, lavoro, vita indipendente.
Gabriella ha partecipato alla stesura di alcune importanti leggi, come la 104, che riguardano la salute e la cura delle persone con disabilità.
Un medico coraggioso, sempre dalla parte dei malati.
Laureatosi in medicina nel 1926 approda alla direzione dell’Ospedale Psichiatrico lucchese di Maggiano. Tra queste mura il Professor Lippi Francesconi riesce ad esprimere la sua profonda umanità e la lungimiranza necessaria per modificare consuetudini radicate da secoli.
Si rifiuterà di cedere alle pressioni dei gerarchi fascisti che gli chiedevano di falsificare le perizie per poter condannare decine di persone all'internamento coatto.
Per questa sua coraggiosa ostilità nei confronti di fascisti e nazisti verrà imprigionato nel carcere di Lucca.
Verrà ucciso il 10 Settembre 1944 con un colpo di pistola alla nuca.
Viene ordinato sacerdote il 19 giugno del 1955.
Consapevole della inadeguatezza del sistema pubblico nel fronteggiare i bisogni dei disabili gravi ha fornito una risposta concreta creando le comunità alloggio.
Si aggiungeranno, poi, le case famiglia per gli anziani, i centri diagnostici, i punti di ascolto. Sognerà la costruzione di un ospedale per malati oncologici: il Laudato Sì, con l’idea di offrire una medicina in una struttura nata dalle persone per le persone.
La grande fede gli ha permesso di superare diffidenze e contrarietà. Coerente testimone del Bene non si è voltato dall’altra parte.
Muore a Clusane il 31 luglio 2011. Il 10 febbraio 2024 nella Cattedrale di Brescia si è tenuta la solenne sessione di apertura dell’inchiesta diocesana sulla vita e la fama di santità del servo di Dio.
I Giusti in un genocidio: il Ruanda
- 2025 -
Console onorario d’Italia a Kigali dal 1988 al 2004, ha vissuto in prima persona il genocidio del Ruanda.
Quando inizia la guerra civile, Pierantonio, dopo aver salvato numerose persone, si rifugia in Burundi, a casa del fratello dove avrebbe potuto rimanere al sicuro.
Organizza, invece, una serie di spedizioni nel sud del Ruanda, usando i privilegi di cui gode (la rappresentanza diplomatica, la sua rete di conoscenze e il suo denaro), per ottenere visti di uscita per tutti coloro che gli chiedono aiuto.
Nell'ultimo viaggio salverà 375 bambini dell’orfanotrofio di Nyanza.
Alla fine del genocidio avrà impiegato un patrimonio di oltre 3 milioni di dollari salvando quasi 2000 persone.
Nel maggio del 1994 viene nominato Commendator dell’Ordine al merito della Repubblica italiana, riceve la Medaglia d’Oro al Valore Civile ed una simile decorazione dalle autorità belghe.
Imprenditrice di Castenedolo (BS) del settore dell’abbigliamento femminile, fonderà Henriette confezioni.
Considera il lavoro uno strumento fondamentale per l’emancipazione femminile e organizzerà la produzione per agevolare le esigenze delle madri lavoratrici.
Nel 1966 si recherà in Africa dove, per promuovere le condizioni di vita delle donne, fonderà l’Associazione Museke (Sorriso).
Quando nell’aprile 1994 inizia il genocidio, Enrica e i volontari di Museke, si attivano per sollecitare l’evacuazione del centro di Rilima che ospita 41 bambini orfani e 33 piccoli disabili.
Riesce miracolosamente a portarli in salvo in Italia, a Castenedolo, dove ha inizio un’incredibile gara di solidarietà per raccogliere tutto ciò che serve loro.
Tutti i bambini verranno adottati da famiglie del paese e della provincia di Brescia e oggi sono parte integrante delle comunità di appartenenza.
Nasce a Taba, in Ruanda, nel 1956.
Durante il genocidio del 1994 venne perseguitata ed assistette ad alcuni dei massacri più cruenti.
Dopo quei drammatici avvenimenti, Godeliève si impegnò nel ricercare giustizia per i sopravvissuti. Nel 1996 accettò, con il marito, di testimoniare contro il sindaco di Taba, Akayesu, che partecipò, come supervisore, a diverse esecuzioni.
Poco prima del processo, il marito e la figlia furono assassinati. Superando questo tragico momento, testimoniò lei stessa e aiutò varie persone a deporre contro Akayesu, che il 2 ottobre 1998 venne condannato all’ergastolo.
Si trattò di una sentenza storica, perché venne applicata per la prima volta la Convenzione del 1948 per la prevenzione e la punizione del crimine di genocidio.
Godeliève decise di utilizzare la sua esperienza nel lavoro sociale per creare un’organizzazione, SEVOTA, che ancora oggi lavora per promuovere percorsi di riconciliazione tra Hutu e Tutsi e diffondere una cultura di pace e non violenza.